CONSIDERAZIONI SULL’USO DEL CONTANTE.
I politici nostrani hanno imparato che profferendo la taumaturgica frase “lo vuole l’Europa”, infilano nelle leggi nostrane di tutto, facendosi scudo dell’Europa (non avendo il coraggio “elettorale” di esporsi mettendoci il loro bel faccione).
Uno dei casi di cui sopra è la legge che impone la limitazione dell’uso del contante alla ridicola somma di euro 1.000,00.
Non è intendimento tediare il lettore con articoli e commi, c’è solo da dire che la limitazione all’uso del contante nacque (1991) per contrastare il riciclaggio di denaro “sporco”.
Altre nazioni come la Germania e l’Olanda NON hanno posto alcun limite all’utilizzo del contante. La Gran Bretagna: nessun limite, ma da poco tempo per le operazioni tra privati ha vietato l’uso della banconota da 500 sterline - il Belgio ha vietato l’uso del contante per importi superiori a Euro 15.000,00 (1).
Non si capisce perché l’Italia sempre ultima nel recepire le normative europee (condannata per ciò tantissime volte, l’ultima condanna risale a pochi giorni fa e fa riferimento all’ indecente sovraffollamento delle carceri), in questa circostanza si è dimostrata la più restrittiva di tutte le altre nazioni.
Il fine che si propone l’UE è di combattere la criminalità organizzata. In Italia, invece, all’epoca del trio Prodi-Bersani-Visco l’allora ministro delle Finanze (Visco) aggiunse, all’art. 36 il comma sei: “I dati e le informazioni registrate ai sensi delle norme di cui al presente Capo sono utilizzabili ai fini fiscali secondo le disposizioni vigenti.”
Questo piccolo e apparente insignificante comma, contrario alle direttive della comunità, ha di fatto decretato la nascita dello stato di polizia fiscale in Italia che pretende di controllare, verificare ed accertare ipotesi di evasione, partendo dai costi che devono essere “tracciati”.
Di conseguenza hanno inventato il redditometro ritenuto dopo qualche anno di applicazione, non essere più strumento idoneo, e allora, via il redditometro e nascita di un altro algoritmo chiamato con grande enfasi: redditest basato su un centinaio di voci di spesa. Insomma il fisco italiano incapace di “accertare” con prove indiscutibili fatti o situazioni, si limita ad applicare pedissequamente coefficienti di reddito sulle spese ed oneri.
Il grande fratello fiscale denominato per l’occasione SERPICO, nome che evoca immediatamente l’esempio dell’onestà, (ma il Serpico agente dell’ottantunesimo distretto di polizia di New York aveva sconfitto la corruzione che “serpeggiava” in quel distretto di polizia e non l'evasione) ingurgita milioni d’informazioni su ogni cittadino, conosce quando spendiamo in assicurazioni, bolli, quante auto abbiamo, che regali facciamo, come dove e quando andiamo in vacanza, insomma tutto ciò che paghiamo con la moneta elettronica (bancomat - carte di credito - ecc) o con altri mezzi tracciabili (bonifici, assegni ecc) sono memorizzati nel suo grande ventre.
Tutte le notizie sono a disposizione del Funzionario erariale di turno (con buona pace della privacy). L’unica speranza è che SERPICO abbia, oltre la pancia anche un cervello per utilizzare tutti quei dati.
Nessun altro Paese della Comunità europea, a quanto mi risulta, si avvale della norma sull’antiriciclaggio per fini fiscali.
Una domanda sorge spontanea: se l’erario oramai sa tutto di tutti, come mai non riesce a recuperare i miliardi di euro che sostiene essere sottratti alla tassazione?
Delle due l’una: o quello che ci dicono sull’evasione è tutto un bluff (2) o non si è capaci di recuperare neanche ciò che si conosce.
Per finire un consiglio ai vari “statisti”, sindacalisti, politici, politologi, a tutti quelli che “cinguettano” nei talk show o su twitter: non portate più, quale scusante alle inefficienze politiche, la storia dell’evasione fiscale perché fareste l’ennesima figura di coloro che nulla conoscono.
(1) Dati tratti da Italia Oggi7
(2) Leggi la bufala dell’evasione